Un post sul blog dpr-barcelona su Jean-Paul Jungmann e il gruppo Utopia offre l'occasione per ripensare a un periodo e a una sperimentalità quasi onirica.
Tra fine Sessanta e inizio Settanta l'utopia architettonica sognava mondi gonfiabili. Dalla casa macchina razionalista alla casa pneumatica sessantottarda, dall'architettura all'anti-architettura per tutti. In mezzo, una guerra mondiale, milioni di morti, un mondo diviso in due.
Ed eccoci allora fluttuare, ed eccoci ancora sognare prima dell'ennesimo tracollo.
La sfera gonfiabile è libertà ma anche provvisorietà, luogo possibile per culture underground fuori terra e figli dei fiori in cerca di serre movibili, entro cui amare e con le quali viaggiare, e non solo sulla strada.
Sognando, ribellandosi ai padri colpevoli, bruciando tutto. Anni della plastica ma non di plastica.
Quegli esperimenti, che non erano moda, rimangono a noi come testimonianza di un'epoca, in un'altra, la nostra, che riesce a svuotare di senso ogni cosa, compresi quei leggeri potenti ed evanescenti gonfiabili riproposti ora in ogni design-week-luna-park e trasformati tristemente come ogni oggetto di consumo.
MP
Coop Himmelblau, The Cloud, 1968/72
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