sabato 24 aprile 2010

MP - On Lebbeus Woods



Berlin Free Zone, 1990 -- Terrain, 1999 -- Horizon Houses, San Francisco, 1996

Lunedì 26 aprile a lezione parleremo di Lebbeus Woods.

Sperimentale, radicale, visionario, sono gli aggettivi che la critica ha utilizzato per definirlo. Appropriati. Ma è difficile definirlo. Convinto assertore dell'architettura come via del pensiero, e delle sue possibilità in quanto strumento di cambiamento, anche e in primo luogo politico, etico e sociale, oltre che individuale, Woods ha in questi trentacinque anni di ricchissima e prolifica progettazione attraversato tre fasi. Una prima, utopica-visionaria in senso stretto, con prefigurazioni di città e luoghi immaginari (Aeon, The New City, Origins) o di architetture simboliche legate alle dinamiche del tempo (Einstein Tomb, Epicyclarium). Verso la fine degli anni Ottanta, l'interesse si è spostato verso città e territori reali in stato di crisi contingente: Berlino, Sarajevo, L'Avana, San Francisco, DMZ Corea. Luoghi di guerra, uomo contro uomo (Sarajevo) o uomo con la natura (terremoti a San Francisco), o di crisi economica derivata da conflitti politici (L'Avana). A Sarajevo nel '92 Woods è andato come inviato di guerra per la rivista giapponese a+u, progettando sul campo processi, interventi e modalità in un'idea di "ricostruzione radicale" non accomodante, censoria, di maquillage o rimozione. In questo periodo elabora i concetti/strutture chiamati Free-Spaces, che determinano funzioni e modi d'uso dello spazio imprevedibili e antideterministici, e inventa altre anti-tipologie come Horizon Houses, Scab, Scar. Il terzo periodo, in corso, sembra ridurre la straordinaria potenza della prefigurazione per andare verso una maggiore astrazione. Sono le energie nascoste e del tutto sottoutilizzate, i moti delle particelle, a interessare Woods: esempi sono le architetture/installazioni The Fall, per la mostra di Paul Virilio alla Fondation Cartier di Parigi, o System Wien.
Woods sorprende non solo per l'evidente straordinarietà (e anche quantità) dei suoi progetti e disegni. Sorprende per la coerenza e per la potenza delle idee, per il continuo spostamento del baricentro e dei confini dell'architettura, per l'apertura e per il messaggio che continua a trasmettere: l'architettura non è morta ed è ancora possibile immaginare. MP
http://lebbeuswoods.net/

2 commenti:

  1. Caro Michele aggiungo al tuo testo una frase di Holderlin, tratta dal libro di Paul Virilio "Bunker Archéologie". Una visione da paesaggio di guerra: "Ma là dove c'è il pericolo, là anche cresce ciò che salva". Attilio

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  2. Caro Attilio, la frase di Holderlin ci porta a pensare. Il punto è saper leggere il pericolo. Questione di consapevolezza, di coscienza, di accettazione. Il libro di Paul Virilio è un prezioso suggerimento. Grazie.

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